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Originale: “El fin del consenso catalán”. Daniel Gascón. El País.
17 Juillet 2018
È fondamentale riconoscere che l’equilibrio in Catalogna è cambiato
L’episodio di Clavilegno è uno dei più celebri della seconda parte del Don Chisciotte. Per liberare alcune donne da un presunto incantesimo, Don Chisciotte e Sancho Panza devono salire con gli occhi bendati su un cavallo di legno volante. È uno scherzo dei loro ospiti, i duchi, che usano l’immaginario dei romanzi cavallereschi e usano dei trucchi per far credere loro di volare. Alla fine, Sancho dice che è riuscito a vedere e che ha visto cose straordinarie. Don Chisciotte si mostra incredulo. Le parole di Sancho gli sembrano tanto inverosimili da fargli pensare alla sua discesa nella grotta di Montesinos: era riemerso dicendo di aver visto fenomeni meravigliosi e Sancho aveva ricevuto il suo racconto con scetticismo. Don Chisciotte dice al suo scudiere: “Sancho, se volete che creda a quello che avete visto in cielo, voglio che crediate a quello che ho visto nella grotta di Montesinos”.
Il patto tra Don Chisciotte e Sancho Panza assomiglia agli accordi nelle società: dipendono da alcuni messinscena condivisi, da alcune supposizioni che, in modo più o meno tacito, si danno per scontate. Se la premessa decade, salta anche il patto. Ecco come abbiamo visto la fine del consenso catalanista: gli uni argomentavano che il sua impegno fosse inclusivo; gli altri, invece, accettavano il contenuto e i miti di questo impegno. Io difendo l’immersione linguistica e le politiche di integrazione perché permettono la scalata sociale; tu accetti una visione omogenea della cultura catalana proiettata dalle istituzioni pubbliche e da un tessuto sociale cooptato.
Questo consenso —che raggiunge il suo splendore tra il 2003 e il 2006, quando tutte le forze del Parlamento erano catalaniste— è una delle vittime del procés. Colpisce il fatto che lo abbiano rotto quelli che più ne traevano vantaggio. Lo abbiamo constatato il 6 e il 7 settembre, con il tentativo di esclusione e lo spregio nei confronti dei diritti politici di una maggioranza di catalani, o con l’arrivo al potere di un politico xenofobo come Torra. Un altro aspetto, come colui che dopo aver commesso un omicidio perde l’educazione, è che sono diventati più visibili fenomeni che avevano rilevato autori come Pau-Marí Klose, Maria Güell e Sevi Rodríguez-Mora, vincolati con una divisione etnolinguistica e di classe in Catalogna. I figli di genitori nati in altre regioni della Spagna hanno più possibilità si subire situazioni di avversità economica e lavorativa, ha spiegato Klose. Le élite in Catalogna presentano un indice di “catalanità” molto superiore. “Neanche lontanamente la rappresentano. In termini politici esiste solo un gruppo culturale in Catalogna”, hanno scritto Güell e Rodríguez-Mora. I mezzi di comunicazione o l’impostazione del sistema educativo hanno privilegiato per decenni un orientamento determinato. C’era una visione egemonica che non corrispondeva neppure a una maggioranza.
Una delle conseguenze forse non intenzionali del procés è stata l’articolazione, evidente nelle manifestazioni del 8 e del 29 ottobre, di questo nuovo gruppo: gli altri catalani. Un’altra è stata la morte apparente del catalanismo politico. Il nazionalismo moderato è stato travolto dal romanticismo indipendentista. La difesa di una tradizione culturale era stata presentata come un elemento di apertura e integrazione, ma era servita per cimentare un’avventura escludente. Ci sono tentativi, intellettuali e politici, di ricostruire questo spazio e salvarlo da una deriva irresponsabile. Anche da parte dello Stato, che cerca un interlocutore.
Il procés è iniziato con dichiarazioni alla Braveheart e può finire come l’episodio di Seinfeld in cui George Constanza lasciava il lavoro, ci ripensava e ritornava lunedì come se nulla fosse. Alcuni giorni fa, Pau Luque parlava di vari momenti dei rapporti tra la Catalogna e la Spagna: un momento multilaterale, all’inizio della democrazia; un momento bilaterale, l’epoca dello Statuto di autonomia; un momento unilaterale, che corrisponde all’iniziativa illegale del procés. Secondo Luque, molti sognano un ritorno al bilateralismo, ma è più probabile un ritorno al multilateralismo.
Qualunque sia la modalità, sarà necessario un nuovo tipo di accordo. Per questo deve esserci una rinuncia alla via unilaterale e una normalizzazione istituzionale, tra l’autonomia e lo Stato, tra i dirigenti della Generalitat e l’opposizione. Ma è anche indispensabile riconoscere che l’equilibrio in Catalogna è cambiato, e ammettere una pluralità interna fino ad oggi ignorata. Tutto ciò ha delle conseguenze in Catalogna e nel modo di affrontare il rapporto tra la Catalogna e lo Stato.