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La gravità dei fatti dello scorso autunno

Photo by Joel Tasche on Unsplash

Originale: “La gravedad de los sucesos de otoño”. Roger Senserrich. Politikon.

26 giugno 2018

Sarà forse per il sondaggio dello scorso fine settimana su La Vanguardia, sarà perché seguo troppi indipendentisti su Twitter, ma ho l’impressione che la società catalana non sia del tutto consapevole della straordinaria gravità dei fatti dello scorso autunno. L’incessante ripetere da parte di TV3 e simili della loro versione della storia sembra aver ridotto quegli eventi, nove mesi dopo, a una consultazione mediamente seria repressa dagli agenti antisommossa in maniera esagerata. La votazione, che i nazionalisti catalani trattano, a convenienza, come simbolica (“un faro”) o come la cosa più significativa che sia successa in Europa dal trattato di Versailles, ha causato l’ira dello stato spagnolo, che ha messo in prigione un alto numero di innocenti sostenitori della democrazia che volevano solo far votare il popolo.

È una storia bella, ma falsa. Ciò che è successo in Catalogna nel settembre e ottobre del 2017 è stato un qualcosa di molto più radicale, profondo e grave di una votazione malamente convocata e ancora peggio repressa. Quello che abbiamo visto l’anno scorso, e che non possiamo dimenticare, è stato come i leader sociali e politici che rappresentavano meno della metà della popolazione di una regione del paese hanno cercato di usare le istituzioni per causare uno scontro civile che obbligasse a una reazione repressiva da parte dello stato, al fine di legittimare e imporre una secessione unilaterale.

Non si tratta di un’invenzione elaborata o di una interpretazione ricercata di discorsi, dichiarazioni e programmi elettorali. È qualcosa che i dirigenti secessionisti hanno messo per iscritto in un dannato PowerPoint, in un piano d’azione che non hanno esitato a mettere in atto. Nessuno tra gli indipendentisti si è preoccupato di negare l’autenticità del documento, né di scusarsi per il suo contenuto. La prima cosa sarebbe una perdita di tempo; è ovvio che il documento è autentico, perché i politici indipendentisti, Omnium e la ANC lo hanno seguito alla lettera (vantandosene) davanti alle telecamere per mesi. La seconda equivarrebbe ad ammettere, e non lo faranno mai in pubblico, che quello che hanno fatto è stato uno sproposito.

Perché era uno sproposito. Si è trattato di politici, eletti con una maggioranza parlamentare che rappresentava il 48% degli elettori, che hanno deciso di usare le istituzioni democratiche per causare scontri con lo stato. Non parliamo di scontri normali, conflitti su tasse, sanità, treni regionali o altri tipi di contese democratiche. Gli indipendentisti volevano usare le istituzioni catalane in modi intenzionalmente contrari alla legge per obbligare il governo centrale a prendere misure, e lo facevano non con la speranza ma con l’obiettivo che le cose si mettessero male. Volevano provocare una reazione, volevano che questa reazione coinvolgesse i loro elettori, e volevano che un alto numero di persone finisse in ospedale per legittimare una secessione.

Il fatto che un gruppo di persone, dagli uffici della Generalitat, prendesse consapevolmente e premeditatamente decisioni volte a creare un conflitto sociale aperto è di una irresponsabilità straordinaria. I fatti di ottobre sono stati gravi, ma siamo stati molto fortunati che le cose non siano andate oltre. A Puigdemont e al suo governo è tremata la mano il giorno dello “sciopero del paese”, e nel rispondere alle ingiunzioni del governo dopo aver sospeso da dichiarazione unilaterale di indipendenza. La manifestazione del 8 ottobre ha senza dubbio reso palese l’enorme costo che la ricerca dello scontro avrebbe significato. Che i leader del procés abbiano fatto un passo indietro una volta sull’orlo dell’abisso, però, non li assolve dall’enorme gravità di ciò che hanno fatto in quei mesi.

Non dimentichiamo, poi, che il referendum del 1 ottobre non è stato solo votare. La “legge di transizione” e la “legge del referendum“, approvate nel parlament con risicate maggioranze, sono due documenti straordinari. Con queste leggi, i politici indipendentisti che, non dimentichiamo, non hanno mai avuto più del 48% dei voti, hanno dichiarato derogata la costituzione, e con lei, tutti i diritti e le libertà che questa garantisce dinanzi alla giustizia. La legge designava il parlament come unica fonte di potere in Catalogna, senza neppure una parvenza di separazione dei poteri; il regime uscito da quella votazione sarebbe stato praticamente autoritario. I due enunciati costituiscono un caso straordinario di presa di potere da parte di un gruppo di dirigenti politici, ignorando totalmente e assolutamente ogni limitazione legale alla loro autorità. È un attacco diretto, senza scrupoli, ai diritti e alle libertà di tutti gli elettori catalani che non condividevano gli stessi obiettivi politici, imponendo un cambiamento totale del regime politico senza il loro consenso. I politici hanno usato le istituzioni contro i loro cittadini.

Non doveva finire così. La causa a favore della secessione in Catalogna è un fine politico perfettamente legittimo. Secondo me sbagliato, ma perfettamente sostenibile razionalmente, ed era perfettamente possibile da portare avanti, in maniera legale e democratica, dall’interno delle istituzioni. Con alcune condizioni (severe e regolate), sarei perfino favorevole a un referendum di autodeterminazione, anche se ritengo l’indipendenza una stupidaggine.

Risolviamo il problema una volta per tutte. Sediamoci a parlare, non un dialogo tra Barcellona e Madrid, ma tra le due Catalogne contrapposte. Decidiamo che paese vogliamo, come e dove.

Ma non dimentichiamo mai, mai e poi mai quello che è successo lo scorso autunno.

Nell’autunno dell’anno scorso, un gruppo di politici catalani ha deciso consapevolmente di usare le istituzioni per spingere a uno scontro civile. Quegli stessi politici hanno approvato leggi che mandavano in frantumi l’ordinamento giuridico, contro la volontà di oltre la metà della popolazione. Possiamo parlare di carceri e condanne. La loro custodia cautelare sarà più o meno giustificata, questa o quella carica avrà più o meno motivi per essere accusata di questo o quel reato. Non sono un giurista; no so se la tipizzazione del reato di ribellione sia o meno giusta, e non so se dovrebbero stare tutti dietro le sbarre. Quello che mi sembra ovvio, e che non dobbiamo mai dimenticare, è che i mezzi che i politici secessionisti sono accusati di aver usato per tentare di raggiungere i loro obiettivi sono assolutamente ingiustificabili in qualunque democrazia.

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