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Perché persiste la bufala dello Statuto

Photo by Sabine van Straaten on Unsplash

Originale: “¿Por qué persiste el bulo del Estatut?” David Mejía. The Objetive

21 giugno 2018

Di tutte le bufale che il procés ha generato, quella dello Statuto è senza dubbio la più resistente. A differenza di altre – sia la famosa bilancia fiscale o l’origine catalano di Cervantes – questa si è dimostrata impermeabile a qualsiasi confutazione razionale, diventando uno dei casi di post-verità più riusciti che si sono verificati nella Spagna democratica.

Sorprende anche che non siano stati proprio i nazionalisti ad aggrapparsi a lei con maggiore fruizione. Nel manifesto “Rinnovare il patto costituzionale”, si colloca di nuovo la sentenza dello Statuto all’origine del procés; la menzogna sembra infrangibile. Poiché il nesso causale è stato confutato con dati in più occasioni, non ripeterò gli argomenti. A questo punto si vede che è inutile cercare di negare la bufala, quindi resta solo da cercare di capire la sua persistenza.

Per capire la ragione d’essere dei miti è conveniente chiedersi per la loro funzione sociale. Sotto questa luce, la spiegazione è chiara: il mito della sentenza consente di rendere corresponsabili allo Stato, e soprattutto al Partito Popolare, della radicalizzazione del nazionalismo, della sua deriva criminale e della frattura sociale che ha provocato. Il «risentimento dello Statuto» è alla base della vana teoria della «la Fabbrica degli Indipendentisti» ed è un anello necessario nel racconto «senza vincitori, né vinti» che si pretende costruire.

In tutti i conflitti sorgono osservatori che tendono verso l’argumentum ad temperantiam, cioè la fallacia secondo cui la verità giace nella via di mezzo tra due posizioni opposte. Ma la persistenza della bufala dello Statuto non risponde a una volontà conciliante ben intenzionata, né a un eccesso di ingenua magnanimità, ma alla paura che una parte della sinistra ha di affrontare il nazionalismo catalano. Per tale motivo si tende ad esonerarlo delle sue responsabilità e si propone addirittura di premiarlo con nuove concessioni. E se ha incorso in illeciti penali è la conseguenza di una provocazione; insomma, lo Stato indossava una minigonna.

Il nuovo governo di Pedro Sánchez ha risvegliato l’illusione di un elettore di sinistra che si sentiva politicamente orfano. Il PSOE è cresciuto notevolmente nell’intenzione di voto perché Sanchez ha trasferito alla cittadinanza l’intenzione di mettere la sinistra, di nuovo, sul sentiero illustrata. Il suo gabinetto rappresenta un esplicito allontanamento dalla sinistra populista, pseudo-scientifica e antieuropea. Rimane solo il dubbio che se romperà anche con la fazione filo-nazionalista che ha indebolito così tanto il PSOE. L’elezione di Josep Borrell a ministro degli Affari Esteri è un buon segno. Tuttavia, dall’interno dello stesso governo si sentono voci che puntano che la soluzione della crisi catalana passa per ritornare allo Statuto del 2006, cioè, di riparare il risentimento forgiato tra il PP e la Corte Costituzionale contro «i catalani».

In questa volontà di confutare l’inganno dello Statuto sfugge spesso un altro dettaglio importante: se la sentenza della Corte Costituzionale fosse, in effetti, l’origine del procés, allora, cosa? Si potrebbe dunque parlare di corresponsabilità perché un ricorso e una sentenza, giuridicamente valida, indignano una parte della popolazione e, di conseguenza, i suoi leader scelgono di rovesciare l’ordine costituzionale? In nessun caso sarebbe etico dividere la colpa tra chi agisce secondo la legge e chi la viola. Né è chiaro esattamente come le parti coinvolte nell’appello avrebbero dovuto comportarsi. Stanno forse dicendo che il principale partito di opposizione, avvertendo l’incostituzionalità di un testo, avrebbe dovuto astenersi dal presentare un ricorso? O che i magistrati della Corte Costituzionale avrebbero dovuto prevaricare e dare per buono ciò che consideravano incostituzionali? Queste soluzioni non sembrano proprie di una democrazia risanata.

Capisco che molti trovino difficile condividere una trincea con il Partito Popolare, ma la purezza della sinistra non è misurata in base alla distanza che mantiene dal partito conservatore, ma in funzione della difesa di alcuni principi di base che, questa volta, ha violato il nazionalismo. E se ciò che desiderano è far sorgere la responsabilità del PP in questa crisi, ci sono esempi sufficienti per fare a meno del mito del risentimento inaugurale dello Statuto.

Con l’accoglienza dell’equipaggio dell’Aquarius e il ritiro delle concertine, il PSOE ha sollevato speranze sulla possibilità di un cambiamento nella politica di immigrazione. La sinistra è definita dalla sua vocazione di estendere la cittadinanza, non di limitarla. E come spiega Félix Ovejero, esistono due tipi di xenofobia: quella di chi lotta per impedire agli stranieri di diventare cittadini e quella di chi lotta per convertire i suoi concittadini in stranieri. La sinistra deve essere implacabile con entrambi.

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