Originale: “Algunas lecciones de la crisis catalana”. Daniel Gascón. Letras Libres
Cosa si può imparare dalla più grande sfida che ha affrontato la democrazia spagnola.
La crisi catalana è la più grande sfida che ha affrontato la democrazia spagnola. Sta creando gravi danni alla Catalogna, alla Spagna e alla convivenza dei cittadini. Sarebbe però scorretto negare che possa avere una funzione pedagogica. In un certo senso, si tratta di un corso di politica accelerato: dallo Stato di diritto alla democrazia plebiscitaria, dal colpo di Stato al monopolio della legittima violenza. Se da una parte mostra aspetti che già conoscevamo, dall’altra ci da lezioni di umiltà. Da una parte, ci ricorda che non sempre siamo in grado di riconoscere cose che abbiamo letto nei libri quando li abbiamo davanti. Dall’altra, ci insegna che quello che sapevamo non sempre si applica all’attualità. Di seguito evidenzio degli aspetti che si sono visti in questi giorni.
IL PASSATO NON FINISCE MAI. Una delle prime sorprese era stata anticipata da Bob Dylan, che si rifaceva al gran Gatsby. “Che cosa vuoi dire con che non posso ripetere il passato? Certo che posso.” Chi criticava l’Unione Europea ci abituava a minimizzare il proprio ruolo di garante della pace e della stabilità. Gli europei avevamo smesso di ucciderci perché avevamo imparato un altro modo per risolvere i conflitti. Le guerre, gli scontri etnici, le discussioni sulle frontiere erano cose d’altri tempi. Dietro l’angolo vediamo che l’inseguitore non è poi così lontano e potrebbe raggiungerci: siamo più fragili di quanto pensassimo.
LA DEMOCRAZIA NON SI CAPISCE BENE. L’indipendentismo è stato più efficace nel trasmettere i concetti perché si comprendono più facilmente. Che il voto sia la democrazia è inesatto, però è potente e chiaro. La separazione dei poteri, lo Stato del Diritto o il rispetto delle minoranze sono elementi essenziali della nostra organizzazione politica, però si comprendono meno. Questa situazione, al di là di questo caso concreto, favorisce i populismi in un contesto di sfiducia nella mediazione.
LO STATO PUÒ AVERE LA FORZA PER IMPORSI, MA QUESTO NON BASTA PER IMPORRE LA STORIA. L’uso della forza deve essere proporzionale, ma anche efficace. Diventerà virale nelle reti sociali, si mescolerà con i fake, con le menzogne e la propaganda, e sarà ricevuto da una società che rifiuta la violenza e non si fida degli abusi dello Stato. Questo non significa che uno Stato non possa o debba ricorrere alla forza: può e a volte deve farlo. Però deve calcolare i costi e definire le strategie davanti a una forma di comunicazione diversa.
SE RICORRI ALLA VIOLENZA, CHE NON VENGA FOTOGRAFATA. Il colpo di stato è post-moderno e il suo obiettivo era provocare una risposta moderna, difficile da accettare per buona parte dell’opinione pubblica e dei mezzi di comunicazione internazionali. L’indipendentismo in Catalogna ha distrutto le leggi e ha violato i diritti. Ha messo in risalto i critici e quelli il cui entusiasmo era insufficiente. Per anni, le voci dei dissidenti erano considerate isteriche, esagerate o fasciste: molti, semplicemente decisero di stare zitti. La votazione fu una frode di massa, e probabilmente ha violato la legge di protezione dei dati. Queste forme di violenza e questi abusi sono molto meno “fotogenici” che dei poliziotti che picchiano i cittadini.
LA REALTÀ È CAPARBIA. Nonostante l’enfasi nella volontà politica, le strutture politiche e i meccanismi economici sono importanti: come ha scritto Manuel Arias Maldonado, “reality bites”. Non è solo la legge: sono anche gli interessi delle aziende e gli interessi economici delle persone. Negli ultimi giorni abbiamo visto che importanti aziende catalane hanno spostato la propria sede al di fuori della Catalogna: il secessionismo si può trovare in un momento simile a quello di Tsipras nell’estate del 2015. O chissà, potrà proseguire e portare la Catalogna in una palude che in confronto la gestione del Brexit può sembrare una pozzanghera.
L’ABISSO E LA POLITICA QUOTIDIANA. Da una parte la prossimità dell’incontro tra la fantasia e la realtà ha generato tensioni all’interno del blocco indipendentista. Dall’altra, il fronte costituzionalista si consolida quando la minaccia è imminente. Quando la minaccia si allontana, compaiono le crepe: la tendenza è di provare creare una situazione di vantaggio nei confronti dell’avversario. Che, a sua volta, finisce per far avvicinare nuovamente il pericolo.
LA POLARIZZAZIONE ROMPE LA SOCIETÀ. La strategia dell’indipendentismo era quella di imporre una visione egemonica. Ciò che stiamo vedendo in questi giorni, come spiegava Aurora Nacarino-Brabo, è il culmine di una strategia populista. La strategia ha contribuito a dividere la società in due. Dividere tra un paese e un non-paese che disprezza può aiutarti a vincere per un momento, ma è una vittoria di Pirro: distruggi un tessuto sociale e una rete di affetti, e costruisci un posto meno vivibile.
Un altro modo per definirlo, come già sapevamo, è che il linguaggio crea la realtà: le parole sono importanti, a volte per il male. In circostanze molto più drammatiche, W.H. Auden scrisse un celebre poema, “1º Settembre del 1939”, che ci ricorda questi ultimi giorni. Finisco con le sue due ultime strofe:
All I have is a voice
To undo the folded lie,
The romantic lie in the brain
Of the sensual man-in-the-street
And the lie of Authority
Whose buildings grope the sky:
There is no such thing as the State
And no one exists alone;
Hunger allows no choice
To the citizen or the police;
We must love one another or die.
Defenceless under the night
Our world in stupor lies;
Yet, dotted everywhere,
Ironic points of light
Flash out wherever the Just
Exchange their messages:
May I, composed like them
Of Eros and of dust,
Beleaguered by the same
Negation and despair,
Show an affirming flame.
(L’unica cosa che ho è una voce/ per spiegare la menzogna nascosta,/ la bugia romantica nel cervello/ del sensuale uomo in strada/ e la bugia dell’Autorità/ i cui edifici toccano il cielo:/ non c’è nulla di simile allo Stato/ e nessuno può esistere da solo;/ la fame non da scelta/ né al cittadino né alla polizia;/ dobbiamo amare il prossimo o morire.// Indifeso nella notte/ il nostro mondo giace stupefatto;/ sebbene, sparsi dappertutto,/ ironici punti di luce/ brillano laddove i Giusti/ si scambiano i loro messaggi:/ magari io, fatto come loro di Eros e polvere/ tormentato dalla stessa/negazione e disperazione,/ possa mostrare una fiamma affermativa.)