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Originale: “Odio político a chavales”. Editorial. El País.
25 aprile 2018
Promuovere l’odio, la violenza o l’umiliazione contro qualcuno a causa della sua identità, ideologia o legami familiari è una condotta suscettibile di essere sanzionata dal Codice Penale (articolo 510) dal 1995.
Se si scopre che questo crimine è commesso contro gli adolescenti dai 12 ai 17 anni, il crimine è doppio, perché viola contemporaneamente i diritti dei minori, particolarmente vulnerabili.
E se viene perpetrato da un gruppo di professori – in aggiunta, messi d’accordo tra di loro – contro un gruppo dei loro studenti, il caso acquisisce toni particolarmente ripugnanti, includendo profili di «proselitismo o indottrinamento».
Questo è quanto sarebbe accaduto il 2 ottobre (il giorno dopo il referendum illegale in Catalogna) in un liceo di Sant Andreu de la Barca, vicino a Barcellona, secondo una dettagliata indagine del Pubblico Ministero.
Si tratta in questo caso di un (presunto) crimine d’odio commesso da nove insegnanti contro i loro studenti per il semplice fatto di essere figli di agenti della Guardia Civil.
Gli insegnanti hanno tormentato i bambini, secondo la testimonianza di questi ultimi davanti al Pubblico Ministero, accusando i loro genitori di «animali e bestie che sanno solo picchiare»; hanno cercato di metterli in imbarazzo rimproverandoli se erano soddisfatti delle azioni dei loro genitori il giorno precedente e invitandoli a scendere in cortile e gridare in difesa della repubblica.
La procura specializzata che ha avviato il procedimento non ha mostrato una traiettoria di eccessi nel perseguimento dei reati di odio e fin dall’inizio si è concentrata sulla difesa delle vittime vulnerabili da un criterio indipendente compatibile con la struttura del Pubblico Ministero. Tra le sue iniziative più note figurano la persecuzione di un falso libraio di comportamento nazista o la sua azione contro la discriminazione nei confronti degli immigrati dall’ex sindaco di Badalona, Xavier García Albiol.
Ovviamente, spetterà alla magistratura decidere in merito (l‘ha fatto contro il libraio e in favore di Albiol), ma in ogni caso questo caso punta a diventare molto rilevante a causa della gravità dell’accusa, della profusione di testimoni e della quantità dei dettagli accumulati.
Il direttore dei servizi territoriali del governo autonomo catalano, Núria Vallduriola – l’efficiente organizzatore del sistema dei siti scolastici per il referendum illegale – che un tempo sosteneva i presunti criminali, dovrebbe almeno aprire un fascicolo informativo. O dimettersi per la sua presunta partigianeria. O essere dichiarata dimissionaria ai sensi dell’art. 155 della Costituzione spagnola per privilegiare gli interessi corporativi su quelli dell’infanzia: una vergogna su un alto responsabile del dipartimento dell’Istruzione.
La nefasta condotta indagata sarà attribuibile ai loro autori, non alla comunità. Ma non c’è dubbio che il clima di tensione generato dai dirigenti del processo indipendentista ha creato un terreno fertile per il confronto, l’odio e il crimine. Coperti, questo sì, dal comportamento generalmente corretto e abitualmente pacifico della popolazione e in particolare dei loro seguaci. Ma le eccezioni alla regola, con la coercizione nelle scuole, le molestie in strada e le aggressioni ai quartieri generali dei partiti rivali sono state sistemiche. Chiunque le nasconde o nega, le condivide.