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Alla luce del baro

Photo by Adrien Robert on Unsplash

Originale: “A la luz del farol”. Alberto Penadés. Eldiario.es

12 giugno 2018

Il procés indipendentista cerca l’egemonia o agisce piuttosto come un’avanguardia a caccia di una vittoria decisiva? Fare il baro è inganno o autoinganno?

Quanti credono, o hanno creduto in questi anni, nella possibilità reale e vicina dell’indipendenza della Catalogna? Sono stati da poco pubblicati gli ultimi dati del Sondeig d’Opinió Catalunya (n=1200) del Institut de Ciències Politiques i Socials (ICPS), che dal 2015 pone una domanda interessante ai catalani, su come vorrebbero che si concludesse il procés indipendentista e, cosa che adesso ci interessa di più, su come credono che si concluderà. Il numero di persone che, anno dopo anno, sostengono che si concluderà con l’indipendenza è sempre lo stesso: intorno al 16% della popolazione della Catalogna. Che sono all’incirca la metà di quelli che vorrebbero che il procés si concludesse così. Quasi (ma non proprio ) tutti sono favorevoli all’indipendenza: più o meno uno su dieci di quelli convinti del futuro del procés, nel loro intimo, vorrebbero qualcos’altro. 

Alcuni giorni fa, la ex-consigliera Clara Ponsatí ha detto: «stavamo giocando a poker e stavamo barando«. È stata letta come un’autocritica, ma il paradosso è interessante. Se solo la metà di quelli convinti ci crede, è difficile che ci credano «il governo», «gli spagnoli» o come vogliamo chiamare i presunti destinatari del bluff (una forma specifica di inganno). Si può dunque pensare che i destinatari potrebbero essere i catalani non «processisti«, e pur trattandosi di un bluff non molto efficace, dato che solo una piccola minoranza estranea ai fini evidenti del procés pensa che il risultato sia inevitabile, non va sottovalutato: il 1,7% circa dei cittadini della Catalogna lo prevedono e non lo desiderano. In un ambiente in cui alcuni danno prova della convinzione secondo la quale basta raggiungere la metà più uno -e fanno vedere che è quasi a portata di mano- ogni vittoria conta. Tuttavia, ciò richiede, di nuovo, il principio, perché quasi tutti sappiamo che è impossibile fare una secessione senza consenso in tempi di pace e democrazia (e UE). Occorre, infine, pensare in una specie di consolidamento simile all’autoinganno (che non esclude quanto precede), anche se l’idea di ingannare sé stessi è enigmatica. Come imbrogliare al solitario, tanto per restare in tema.

Grafico 1. Egemonia fallita o avanguardismo riuscito

Posizioni verso il procés e l’indipendenza. Institut de Ciències Polítiques i Socials (ICPS) Sondeig d’Opinió Catalunya 2017. @Piedras_Papel

Il grafico 1 può essere letto in due modi. Il primo richiede una teoria (ancora non disponibile) che colleghi le barre con un effetto leva: quanta più gente ci crede, tanta più gente lo desidera; quanto più si desidera, tanta più gente lo preferisce; quanta più gente lo preferisce, tanta più gente lo voterà. E così via, fino ad arrivare a una soglia di maggioranza o essere, almeno, too big to fail. In questo senso, sembra una storia volta al successo, anche se questo non è ancora arrivato. La seconda lettura del grafico 1 vede un fallimento: sono più gli indipendentisti dei sostenitori del proces, e la gente disposta a votare sì -in una situazione, possibilmente, di accordo- è maggiore di quella che crede che si arriverà all’indipendenza seguendo la via del procés. Non sono stati raccolti consensi, l’egemonia di quegli ideali per i quali scuote gli animi il potente movimento sociale indipendentista insieme con, nientemeno, il governo della Catalogna, non si vede all’orizzonte. [1]

Il grafico mostra, indubbiamente, che il processo indipendentista è lungi dall’ottenere l’egemonia nel senso classico, quello del consenso pragmatico che fa sì che un’idea sia parte del senso comune, come uno scenario probabile e forse inevitabile; benché sia possibile che il procés abbia la spinta sufficiente a muovere una maggioranza risicata di catalani a votare a favore. E qui è sempre stato il nodo, o addirittura la contrattura.

Grafico 2 Parla quasi da solo

Convinti, sostenitori e partiti. Institut de Ciències Polítiques i Socials (ICPS) Sondeig d’Opinió Catalunya. @Piedras_Papel

Anche se non dispongo di una teoria per spiegare l’interpretazione in crescendo del grafico 1, guardate questi dati. La prima cosa, non meno importante perché nota, è che si parla, soprattutto, per i propri. Ciò che più determina sia l’adesione sia la fiducia nel risultato del procés è l’identificazione di partito (il grafico si riferisce all’intenzione di voto nelle elezioni di dicembre 2017). C’è un certo gruppo intermedio che si vorrebbe verosimilmente si facesse da parte e si astenesse: gli apolitici e quelli definiti più o meno come «equidistanti» (termine ambiguo, del resto). In ogni caso, non si lasciano convincere troppo; i convinti del procés in questo gruppo sono più o meno equivalenti ai votanti dei partiti indipendentisti che, però, non sono sostenitori del procés.

 

Grafici 3 e 4. Consolidarsi nella conversazione

Convinti e aspiranti secondo il mezzo di comunicazione preferito. Institut de Ciències Polítiques i Socials (ICPS) Sondeo de Opinión de Cataluña @Piedras_Papel

 

Convinti e aspiranti secondo frequenza di conversazioni politiche. Institut de Ciències Polítiques i Socials (ICPS) Sondeo de Opinión de Cataluña @Piedras_Papel

I grafici 3 e 4 permettono di scorgere dell’altro. Tra i lettori di Ara, El Punt Avui o Vilaweb, c’è un credente nell’esito positivo del procés ogni 1,4 lettori che lo appoggiano. Tra i lettori de La Vanguardia o El Periódico (sia in spagnolo sia in catalano) il rapporto è di uno ogni 3,2. Non solo i giornali del primo gruppo sono letti da persone maggiormente indipendentiste, ma, tra questi, il numero dei convinti che si raggiungerà l’indipendenza è proporzionalmente maggiore. I lettori degli altri giornali sono meno indipendentisti ma, cosa più importante per l’argomento del giorno, sono anche ben più scettici. Non possiamo dire in che misura sia il giornale a consolidare il lettore o il lettore a cercare tale consolidamento, ma il consolidamento esiste.

Il grafico 4, anche se in maniera meno forte, mostra che parlare di politica non aggiunge scetticismo alle convinzioni (o, se mi è consentito, sobrietà). Tra chi parla spesso di politica c’è un convinto del successo ogni due sostenitori del procés; tra chi ne parla meno, o per niente, ce n’è uno ogni 2,8. Non è una differenza enorme, ma sembra che anche la conversazione consolidi. E questo è un successo di coloro che parlano, non lo devo spiegare.

Rimane come esercizio per il lettore (io non mi azzardo) unire i puntini in una figura non troppo stravagante. Ma io credo che non si tratti di bluff, ogni volta che il presunto rivale conosce le tue carte meglio di come «le carte conoscono sé stesse «. Forse usiamo immagini molto carenti per tutti questi contesti di costruzione della realtà: in fin dei conti, una bolla in cui alcuni sono troppo grandi per cadere non può essere una bolla.

[1] È possibile trovare un meccanismo di collegamento tra i fatti come nella prima lettura, ma è necessario qualcosa di nuovo, perché ciò che abbiamo a portata di mano è l’ipotesi che ci fa prevedere che, per ottenere la «vittoria» -mediante l’egemonia politica (sociale, culturale) di un gruppo convinto- dovremmo osservare come il numero di persone che credono nel processo indipendentista (la prima barra) si trova tra il numero di persone che desiderano l’indipendenza e il numero che voterebbero a favore della stessa (o quantomeno non si opporrebbero). Cioè, la vittoria di un’idea egemonica ha luogo quando è più importante quanti la ammettano come un dato probabile di quanti potrebbero averla desiderato qualche volta, anche se i numeri sono collegati, solo quando passa a far parte del senso comune può diventare irresistibile sul terreno comportamentale.

 

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