Foto: Mpho Mojapelo | Unsplash
Originale: «Pequeñas lecciones no importantes». Andrea Mármol. The Objective
23 aprile 2018
Così come con tante altre, i miei genitori non sono riusciti a trasmettermi la loro passione calcistica. Ci hanno provato con tanto zelo, e per qualche stagione sono sicura di essere stata quella della classe che ne sapeva di più su calendario, incontri e tempi della Liga. Probabilmente intorno ai dieci anni di vita ho trovato, per dirlo alla Vázquez-Montalbán, qualcosa di più importante del calcio tra le tante faccende terrene. O forse ho solo preferito le cose importanti. In ogni caso, gli auspici di tifosa del F.C. Barcelona che avrebbero compiaciuto mio padre sono oggi poco più che un paio di andate al Camp Nou se non delle patatas bravas in un bar di quartiere.
Non mi piace il calcio e per qualsiasi mio eventuale giudizio onesto in materia questo è qualcosa che andrebbe tenuto in considerazione. La mia condizione di tifosa ha a che vedere più con i miei affetti familiari che con il mio senso di appartenenza ai culé. In ogni caso, nulla di tutto ciò mi impedisce di constatare che, spesso, parlare di calcio risveglia in me ambiguità di non facile soluzione. Immagino, come succede ad altri tifosi del Barcelona, di aver sviluppato una certa disaffezione verso un club che da anni si pronuncia politicamente contro i sentimenti di una parte notevole dei suoi supporter, soprattutto, data la presunta vocazione globale del F.C. Barcelona che si riflette nei tifosi sparsi per tutta la Spagna. Così, è fastidioso identificarsi come culé-con-riserve a causa dell’abbraccio del club al nazionalismo catalano da anni. Ricordo con dispiacere l’amaro confronto tra le parole del club azulgrana e quelle dell’Español lo scorso autunno, nei giorni posteriori al 1-O. All’improvviso la squadra dei pericos era diventata per molti il miglior club della Catalogna. Ci sono stati allora tifosi di prima e seconda categoria per il calcio catalano: alcuni il cui club si è assicurato di non escludere e altri a cui nessuno ha fatto caso.
È probabile che l’ordine delle priorità di ciascuno di noi influisca nel livello di importanza che diamo alla propensione politica di un club di cui ci riteniamo tifosi, ma nel mio caso questa è una sensazione costante. Lo scorso 21 di aprile, ovvio, ho esultato a ogni gol del F.C. Barcelona nella finale della Copa del Rey, che ho seguito da Madrid. Quel giorno, sembrava non ci fosse altro argomento di cui parlare nella capitale, piena di tifosi del Sevilla e del Barcelona che mostravano il motivo della loro visita mentre si distraevano nelle ore precedenti alla partita. Un gruppo di culé lasciava un locale in cui stavo facendo la coda e ho ascoltato i clienti davanti a me mentre condividevano con la dipendente del locale la loro speranza per una vittoria del Sevilla. Anche se capisco e condivido –sicuramente, quasi sempre- il rifiuto alla propensione politica del Barça, sono stata tentata di intromettermi nella conversazione per spiegare ciò che altri hanno fatto molto meglio di come avrei potuto fare io.
È probabile che non si tratti del contesto ideale, por quanto mette in luce l’enorme politicizzazione di ogni spiraglio della vita pubblica, ma la presenza contemporanea di bandiere spagnole e di esteladas tra le fila degli azulgrana nella finale della Copa del Rey è forse la forma più visibile che esiste per dimostrare la pluralità di un club che i suoi stessi dirigenti non hanno rispettato in molte occasioni. Come succede anche nella sfera politica, bisogna mettere fine alla sineddoche che stabilisce la parte per il tutto. Quanti tifosi culé avremo provato con maggiore intensità questa voglia di smettere di tifare per il club per gli stessi motivi di quelle persone che ho ascoltato. Come tra i catalani contrari all’indipendentismo, si fanno molti sforzi per contrastare la visione monolitica che qualcuno vuole imporre, difendendo il pluralismo politico lì dove è più difficile. Spero che questa immagine sia arrivata a tutti coloro che non lo hanno ancora capito, perché il calcio, alla fine, sarà pure una cosa poco importante che fa luce su quelle che lo sono davvero.