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Orginale: «Cataluña, un solo pueblo independentista». María Jesús Cañizares. Crónica Global
3 Maggio 2018
Tra gli inganni più perversi del nazionalismo catalano spicca quel “Catalunya, un sol poble” (Catalogna, un solo popolo) coniato da Josep Benet e abbracciato da Paco Candel. Se un intellettuale e un abitante delle baraccopoli sostenevano questo concetto, cosa poteva esserci di sbagliato? Tutto, come è stato dimostrato mezzo secolo dopo, nonostante le virtù dei suoi autori.
Se quell’espressione ha fatto fortuna, è stato a causa del desiderio / bisogno ufficiale di integrare gli immigranti arrivati in Catalogna dal resto della Spagna. Fermi tutti! Integrare? Immigrati? Senza dubbio, siamo tutti caduti nella trappola del linguaggio nazionalista.
Ripetere fino alla nausea che la Catalogna è sempre stata un popolo ospitante nasconde l’odiosa presunzione che i nostri genitori e nonni arrivati dal resto della Spagna fossero una potenziale fonte di conflitto. Che non era possibile un rapporto da pari a pari, ma che la natura pacifica dei catalani ha favorito la convivenza. «Volevano le loro mani, ma non il loro cervello», ho letto di recente su quei “nouvinguts” (nuovi arrivati) che hanno contribuito a costruire la Catalogna e che oggi sono bollati come «coloni» dall’ultra separatismo.
Era solo questione di tempo prima che «un solo popolo» diventasse «una sola lingua«. Proteggere il catalano, una lingua vietata dal regime di Franco, era tanto giusto come necessario. Solo un dibattito pedagogico, senza pregiudizi politici, può stabilire se l’immersione linguistica è stata fatta bene. Il “procés” (processo indipendentista) ha messo le ali a un sentimento supremazista latente secondo cui la cultura spagnola è barbara e violenta.
Che lo stesso Carles Puigdemont abbia diffuso sui social network una riflessione in tal senso dopo la sentenza de “La Manada” dice molto di ciò che lui intende per «un solo popolo». È anche riprovevole che un leader politico come Albert Rivera aiuti ad additare nove insegnanti indagati perché avrebbero umiliato i figli di membri della Guardia Civil a Sant Andreu de la Barca (Barcellona). Nessuno sembra ricordare in questa questione che ci sono dei minori coinvolti. Un solo popolo? Non ho letto neanche una frase di sostegno per questi bambini da parte di quell’indipendentismo indignato che proclama «un solo popolo».
La Catalogna che promuove l’attuale secessionismo non è plurale, né meticcia, né tollerante. Oggi si addita chi è diverso con graffiti, insulti e minacce e si dà carta bianca ai CDR per appendere la lettera scarlatta agli eretici del movimento indipendentista.
La Catalogna che promuove il secessionismo non è plurale, né meticcia, né tollerante. Si addita chi è diverso con graffiti, insulti e minacce. Fino a poco tempo fa, si poteva distinguere tra i radicali che praticavano tali attacchi e gli indipendentisti che difendevano pacificamente la loro ideologia. Ma Junts per Catalunya, ERC e CUP hanno deciso di dare carta bianca ai Comitati della Difesa della Repubblica (CDR) per praticare il loro «pacifismo attivo». Oggi nella sessione plenaria del Parlamento si voterà una proposta di risoluzione contro la criminalizzazione di questi gruppi, il che equivale a benedire la distribuzione della lettera scarlatta tra gli eretici del secessionismo.
Sono oberati di lavoro i CDR, poiché risulta che la metà dei catalani, secondo i risultati elettorali, non sono indipendentisti. Pertanto, sono molti gli indirizzi, i quartieri generali dei partiti politici e le macchine private suscettibili di essere attaccati da atti di vandalismo. La differenza, e allo stesso tempo la speranza, è che le vittime di quegli attacchi non tacciono più. Il che non significa che le ferite sociali del “procés” (movimento indipendentista) saranno presto risolte. Quaranta anni di fine pioggia nazionalista hanno lasciato solchi molto profondi.