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Originale: “Euroorden y confianza mutua”. Editorial. El País.
7 apr. 2018
Il tribunale tedesco non assolve Puigdemont né legittima il secessionismo
La decisione del Tribunale di Schleswig-Holstein di non accettare la richiesta di estradizione in Spagna dell’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont per il reato di ribellione non equivale, come qualcuno vuol far credere, a un verdetto di colpevolezza sulla democrazia spagnola, sul suo Stato di diritto né sulle sue istituzioni giudiziarie. Ma non può nemmeno essere letta come un’assoluzione, totale o parziale, dei leader indipendentisti attualmente imputati dal Tribunale Supremo e, naturalmente, neanche come una legittimazione delle gravissime azioni che questi hanno compiuto nei mesi funesti di settembre e ottobre dello scorso anno.
Questa lettura non è possibile perché, come lo stesso tribunale tedesco ha spiegato, è stato dimostrato non solo che c’è stata violenza, ma che “gli atti violenti” del 1º di ottobre “possono essere imputati all’accusato in quanto promotore e difensore dello svolgimento del referendum”. Diverso è il fatto che il tribunale non ritenga che il grado di violenza imputabile a Puigdemont sia stato così schiacciante da obbligare il Governo spagnolo a “capitolare” davanti alle sue rivendicazioni, cioè quel requisito di gravità che in Germania trasformerebbe il reato spagnolo di ribellione nell’alto tradimento tedesco e che permetterebbe di autorizzare così l’ordine di arresto europeo. Pertanto, il tribunale ha stimato che i reati non sono equivalenti, come esige la Decisione-quadro del 2002 che regola il mandato europeo, e non che il reato non esista in Spagna secondo la legislazione spagnola.
Inoltre, il Tribunale non avvalora gli argomenti di Puigdemont riguardanti la commissione di “persecuzione politica” in Spagna, smascherando così la falsità dell’affermazione —da lui nuovamente ripetuta all’uscita dal carcere— dell’esistenza di prigionieri politici in Spagna. Non esiste pertanto sostentamento nei tentativi di Puigdemont e dei suoi di autoassolvere sé stessi ricorrendo al pronunciamento del tribunale tedesco, né rimane aperta la via per un ritorno di Puigdemont alla Presidenza della Generalitat.
Il tribunale non avvalora gli argomenti di Puigdemont riguardo la “persecuzione politica”
La causa del Tribunale Supremo si trova sì in una posizione difficile, ma non impossibile, perché il giudice Llarena ha davanti a sé diverse linee d’azione, compresa la presentazione di una questione pregiudiziale presso la Corte di giustizia dell’Unione europea che consenta di esaminare se l’applicazione del meccanismo del mandato europeo fatta dai giudici tedeschi sia corretta o meno.
Ma al di là del corso giudiziario del processo indipendentista, né Puigdemont né gli indipendentisti riusciranno a cambiare i fatti che caratterizzano il loro gravissimo agire, la loro slealtà alla democrazia, alla Costituzione spagnola, alle istituzioni del governo autonomo catalano e, in definitiva, ai cittadini di questo paese, i cui diritti politici hanno deliberatamente danneggiato nella loro determinazione a promuovere un processo di secessione illegale e di rottura dal nostro paese.
Questi fatti sono chiari e sono sotto gli occhi di tutti. Tra di essi vi è la deroga alla Costituzione e all’Estatut; l’elevazione di leggi sediziose votate da metà del Parlament a sostituti di quelle norme supreme, disobbedendo ai tribunali e senza che vi fosse una maggioranza qualificata, e con metodi che hanno privato l’opposizione (che rappresenta più della metà dei catalani) delle loro funzioni rappresentative e di controllo. Tutto ciò ha costituito un colpo di stato che non solo merita condanna politica, ma anche una riprensione giuridica, anche se spetta ai tribunali stabilire i tipi di applicazione concreti.
La democrazia spagnola è stata in pericolo. Per fortuna, il suo Stato di diritto funziona
Indipendentemente dalla sua qualificazione giuridica, il procés ha avuto un carattere violento: vi è stato un uso illecito ed esorbitante della forza: vi è stata ostruzione fisica della Giustizia; distruzione di veicoli della polizia; occupazione illegale di strade; intralcio di binari ferroviari con pericolo per l’integrità degli stessi manifestanti; intimidazioni e atti di persecuzione contro persone, partiti e associazioni ritenuti rivali o nemici; violenza su arredi urbani; e azioni del Govern e della polizia autonoma tendenti ad agevolare alcuni di questi abusi. E soprattutto, è stato un processo regolato dalla coercizione, poiché è stata sistematicamente violata la legge per tentare di imporre alla popolazione, dalla strada e dalle istituzioni, una secessione unilaterale, illegale e obbligatoria.
Il secessionismo catalano ha cercato di mettere lo Stato davanti a un dilemma: annientare lo Stato y forzarlo ad accettare una indipendenza imposta in modo illegale; oppure intraprendere un’azione estrema i cui contorni servissero ad autoinfliggersi discredito e un alto prezzo da pagare dal punto di vista della reputazione. Essendo sprovvisto dell’appoggio della maggioranza sociale, il movimento indipendentista ha tentato di imporsi sulla via dei fatti consumati. Una via chee, malgrado qualche autocritica, non ha ancora scartato in modo chiaro o assoluto.
Né il tribunale tedesco né la propaganda indipendentista possono cambiare questi fatti, che sono già parte della storia degli spagnoli e della loro lotta per mantenere la democrazia. La democrazia spagnola è stata sottoposta a una dura prova ed è stata in grave pericolo. Ma il suo Stato di diritto e le sue istituzioni giuridiche hanno funzionato.